Il vecchio e il conclave delle ombre
C'era una volta un parco pubblico; un parco urbano, piccolo, poco più che quattro alberi e due scivoli. Forse uno scivolo, uno solo, ma due molle con cavallini, quelle sì. Un vecchio della zona ci andava spesso, sempre alla tarda e insieme a un cane, guardandosi intorno per tutto il tempo, semplicemente perché si sentiva troppo vecchio per andare in giro con il sacchetto con la merdina del cane dentro.
Fino alla presente sera gli era andata benissimo. E poi… Non ricordava davvero come, ma quella sera era svenuto. Stava facendo il suo giro col cane sciolto, e non c'era nessuno come sempre, e un attimo dopo... Ma eccolo riaprire gli occhi, finalmente. Sentiva le dure assi squadrate della panchina sulle ossa della schiena e tutto era confuso. Nel buio della notte a qualche metro da lui c'era come un bagliore continuamente modellato da ombre sottili. Le ombre parlavano. "Capite bene che non possiamo uccidere l'umano qui, su due piedi, solo perché ci ha visti." "Come no? Ma...è la regola...Non possono vederci se non durante il sonno!" "Lo so, ma non si applica dalla notte dei tempi!" "Perché è successo pochissime volte! E poi, quella volta che accade dovremmo passarci sopra?" "Ma siamo nella modernità! Basta con la violenza!" "Ti sei rammollito, caro il mio Vaiolo".
"Presidente, cosa dovremmo fare?" chiese il lupo mannaro. Il golem, signor golem presidente dell'assemblea, si fece trovare pronto. "La lettera dell'articolo è piuttosto chiara. All'umano è garantita la integrità psicofisica nei limiti di quanto concerne gli interventi diretti di appartenenti all'ordine degli incubi. Questo è il regolamento vigente. Per trattare la questione di eccezionalità serve una seduta speciale con apposito ordine del giorno e la maggioranza assoluta. Non è prevista l'astensione" disse guardando la mummia.
"Altrimenti?"
"Altrimenti bisogna aspettare la prossima sessione ordinaria, ecco quanto."
"Ah, beh, tra un anno!" disse qualcuno esasperato. "Certo, tra un anno" riprese. "Ma qui, oggi, senza ordine del giorno non possiamo deliberare. Tra l'altro, mi permetto di far notare che mancano due colleghi." "Giustificati. Ronda notturna per entrambi!" disse subito la strega verde. "Sì, certo" disse piano qualcuno. Ultimamente era diventata abitudine procurarsi sostanze dagli umani approfittando del buio. Gli specialisti erano il vampiro e l'uomo peloso, quest'ultimo adeguatamente mascherato, perché i pusher tendevano a scappare.
"E lasciar perdere?"
"Non possiamo. La regola impone la custodia d'urgenza in questi casi."
"Fino a quando?"
"Fino a delibera."
"Il prossimo anno...Lo dobbiamo tenere in custodia un anno?" "Esatto."
"E la cancellazione della memoria?"
"Cito testualmente che "All'umano è garantita la integrità psicof..."
"Il danno collaterale, tuttavia..." disse il lupo in tono malizioso. "Cosa vorresti dire?" "Dico, il danno collaterale, indiretto, dovuto allo spavento, per esempio, non causato da noi, intendiamoci. Per esempio, un attacco di cuore."
"In effetti, in questo caso..." disse il golem.
Il vecchio si sentì tanti occhi arancioni puntati addosso.
Le notti di Valpurga non sono frequenti. Dipinte dagli umani come la concretizzazione del male assoluto, si tratta di normali riunioni di coordinamento stabilite dallo statuto degli incubi fin dalla notte dei tempi. Ai giorni nostri si tengono dove viene più comodo, e questo significa nelle aree abitate, dove ci sono punti di riferimento precisi. Del resto, poiché - grazie alla scienza – quasi nessuno crede più alla loro esistenza, quasi nessuno li vede. E di questo sono assai grati alla modernità. Il loro lavoro si svolge ancora con le tecniche tradizionali, vecchie di millenni. Qualche nuovo membro ogni tanto entra nel consorzio, come il terrorista suicida. L'uomo nero è tornato ultimamente di gran moda negli incubi. Prima, invece, e per lungo tempo, bisognava cercare luoghi remoti per non rischiare di soffrire del fuoco di una pira accesa per l'occasione. Si potrebbe anzi dire che gli umani li cacciassero come fossero animali. Ed erano dolori. Non potevano morire, certo, ma chi aveva provato il rogo una volta cercava di tenersene lontano per il resto del tempo. Certo, gli incubi erano in quantità e qualità assai migliore; sicuramente il lavoro non mancava, a quei tempi, ma a che prezzo?
"Dunque, signori. Signori!" gridò con tono crescente finché non ottenne il silenzio. "Accettiamo la proposta del collega e inseriamo la trattazione dell'umano che ci ha visti come varie ed eventuali; vale a dire... che ne parliamo dopo aver esaurito gli altri argomenti. Che nessuno vada via, altrimenti ci mettete nei guai con il numero legale per votare. Mi spiace, mi spiace!" gridò il golem con voce cavernosa per placare le proteste che erano subito sorte.
"Ma chi è questo collega, chi?" "Già, chi è stato?" È giusto, invece, abbiamo perso già troppo tempo!"
"Zitto, tu, fantasma! Io ero per abbreviare la procedura!" "Ma se ha detto che non si può fare!"
"L'ho proposto io". Un anziano orrendamente ridotto si fece avanti col deambulatore in mano.
"Vecchiaia, figurarsi! Tanto tu sei abituato ad aspettare! Ma noi abbiamo da fare!"
Una voce timida fece la sua comparsa da chissà dove.
"Anch'io sono d'accordo." "E tu saresti? Non ti abbiamo mai visto."
"Buonasera a tutti" -esordì con tono dimesso- "Sono Fallimento, o anche Delusione delle aspettative. Sono entrato da poco nel vostro mondo. Spero che troveremo modo di fare gruppo." Ci fu un attimo di silenzio in cui tutti squadrarono il nuovo arrivato. Poi il diavolo disse con tono minaccioso: "Voi nuovi non sapete bene come vanno le cose qui. La prossima volta..." "Silenzio! Iniziamo la trattazione." Il vecchio tirò un respiro profondo. Finalmente non si sentiva sotto gli occhi di quelle ombre mostruose.
Parlavano in una lingua orrenda fatta di schiocchi, ululati e cento altri suoni impossibili, intorno a quello che poteva essere un fuoco per la luce che generava, ma fumosa anch'essa, come un fuoco... fantasma. Adesso però sembrava che si parlasse con ordine e ognuna delle figure era intenta ad ascoltare educatamente. Per quanto lo riguardava, doveva andare via subito e approfittare dal momento. Non sapeva cosa si fossero detti, ma quegli sguardi gli erano bastati. Sarebbe mai riuscito a dimenticarsene, finché campava? Al presente, però, aveva mani e piedi legati. Se avesse cercato di liberarsi sarebbe potuto cadere dalla panchina e farsi un danno peggiore, magari rompersi qualche osso. "Riaprirò gli occhi e non ci sarà più niente. La vecchiaia li fa, questi scherzi. Oppure... ecco, certo, cadendo ho sbattuto la testa" si disse. Chiuse gli occhi, ma un paio di brevi ululati glieli fecero riaprire ben prima di quanto avesse voluto. La folla infernale era ancora lì. "Benny! Benny!" gridava intorno sforzandosi di non fare troppo rumore. "Dove sei? Vieni, Benny, vieni!" disse disperato. Ma adesso non si sentiva più niente. Che se lo fossero mangiato? All'idea fu preso dallo sconforto. Ma intanto le ombre continuavano la loro seduta. Doveva agire prima che fosse tardi. Allora si ricordò di avere il cellulare nella tasca posteriore. Poteva farcela: prese a muoversi come un serpente per cercare di farlo uscire dalla tasca, facendo una fatica mastodontica, quando in un attimo si sentì la tasca vuota e un secondo dopo un oggetto pesante cadeva tra le sbarre della panchina, sull'erba tenera. "No, no, no, no!" urlò (sempre senza attirare l'attenzione). E prese a divincolarsi inutilmente, solo per sfogare la frustrazione. All'improvviso una coppia di figure gli passò accanto guardandolo con aria tra la pena e la curiosità. Erano il vampiro e l'uomo peloso, di ritorno dalla ronda con una busta di plastica ciascuno. "Ma secondo te che sta facendo quel vecchio?" disse l'uomo peloso nel suo cappotto lungo. "Boh, si lamenta. Avrà dolori. Senta, lei; possiamo fare qualcosa?" disse il vampiro avvicinandosi. Il vecchio si ritrovò il suo muso a una distanza sufficiente da vederne i canini di perla e gli occhi opachi come quelli di uno squalo. Rimase paralizzato per lunghi istanti, inebetito. Poi scoppiò a piangere disperatamente, per l'imbarazzo generale.
"Sentite, secondo me quel vecchio sta tirando le cuoia".
"Quello della panchina? Vi siete fatti vedere? Siete impazziti?"
"Eccolo, è sempre nostro il problema. Vi aveva già visti, no? Altrimenti perché è legato?"
"Sì, ma passargli proprio accanto..."
"Dite che è morto? Moribondo?" disse speranzoso il ragno gigante. "Ragazzi, problema risolto!"
In quel momento una voce si udì da lontano e fece cadere il silenzio tutto intorno. "Papà, papà! Ho trovato Benny, dove sei finito?"
Gli incubi si guardarono l'un l'altro, preoccupati.
"Signor golem, mi sa che qui dobbiamo andare via. Due umani sono troppi."
"Già."
L'ultima cosa che il vecchio vide fu il diavolo che gli veniva incontro. Sembrava molto seccato. Si fermò a due passi da lui, sui due zoccoli da capra in cui terminavano le gambe pelose e storte, e si chinò in avanti mettendo lentamente il dito indice alzato davanti alla bocca. Il vecchio annuì tremando. Un secondo dopo tutta la luce sparì.