Buon San Valentino
Vado spesso in giro il giorno di San Valentino: mi piace osservare la gente innamorata e mi piace ancora di più farlo quando l’amore finisce, vedere nei loro occhi quel misto di delusione e sconforto. Dicono che lasciarsi sia come un lutto, si passa per le stesse fasi di elaborazione: negazione, rabbia, contrattazione, depressione e accettazione.
Almeno così avevo letto, ma è stato tempo fa, forse troppo tempo fa. Dovrei aggiornarmi.
Ho questo hobby, mi piace guardare le persone; purtroppo ho una visione limitata, vivo dentro confini precisi, ma per fortuna il posto in cui sto in pochi giorni dell’anno è molto trafficato. E in quei giorni mi vesto bene, mi trucco appena un po’ per alleviare il pallore che mi caratterizza sin da quando avevo 12 anni, limo le occhiaie, metto il rossetto e mi dipingo in volto una bella espressione enigmatica, tra il contrito e il sereno.
Poi inizio a camminare, guardandomi attorno. Lo faccio da anni: cambio spesso percorso, quello sì, ma comunque nessuno si è mai accorto di niente. La gente è distratta e non è colpa degli smartphone, per lo meno non sempre; alla gente degli altri non è proprio mai fregato nulla.
A volte metto degli occhiali da sole per acquisire fascino e sintomatico mistero, ma mi rendo conto che non funziona granché; dovrei cambiare profumo, o riuscire a trovarne uno. A volte mi sento respingente. Capita a tutte di non sentirsi adeguate certi giorni; nella mia condizione, poi, vi assicuro che capita molto spesso.
Un giorno di San Valentino, credo fosse un venerdì, incrociai un ragazzo. Doveva avere 18 anni o poco più, si vedeva che lì non c’era mai stato, era spaesato e non sapeva bene dove andare, non sapeva nemmeno cosa lo avesse portato in quel posto.
Lo seguivo a distanza, senza farmi notare, impresa complicata: il suolo era pieno di foglie che facevano un rumore fastidioso, il silenzio era tanto e nel raggio di svariati metri c’eravamo solo io e lui. Non era di certo uno dei giorni affollati.
Aveva un viso bambinesco, allungato da qualche accenno di barba che lo faceva sembrare ancora più magro, sembrava quasi uno scheletrino; era dolcissimo, credo che per qualche istante una parte di me si sia invaghita di lui, credo qualche vena all’altezza del collo e sicuramente l’occhio sinistro.
Ma non avrebbe mai funzionato, la differenza di età sarebbe stata troppa e la distanza incolmabile.
Lo seguivo sempre a breve distanza, ma quello era il momento di forzare il destino e a volte il destino si forza grazie alla conoscenza perfetta del luogo in cui ci si trova, così da provocare un incontro “fortuito”.
Ci trovammo davanti al posto da cui si vede il mare. Sono fortunata, anche da dove sto io si vede il mare, ed eravamo pericolosamente vicini al mio posto. Era rischioso, ma è così che ci si fa battere il cuore, almeno credo, l’ho letto una volta in una rivista nell’ufficio del guardiano, il guardiano gentile, non quello a cui ho fatto venire un infarto.
Ci guardammo per pochi istanti; lui era ancora più fanciullesco nei tratti e aveva degli occhi giganteschi, doveva essere un po’ impaurito perché sembravano ingrandirsi sempre di più e tremava anche un po’.
Decisi di non forzare la mano, di non parlare troppo e dopo averlo guardato per una manciata di secondi gli dissi solo “Buon San Valentino”. Lo dissi sussurrando, quasi come se non volessi farmi sentire.
Lui invece mi sentì e da quel posto in cui si vede il mare pericolosamente vicino al mio posto mi sorrise, certo era strano, con molta probabilità era la cosa più strana che gli fosse capitata nella vita. Però adesso sembrava avere meno paura. Era tornato tutto al suo posto. Decisi di allontanarmi piano, senza voltarmi indietro, quella era stata una bella giornata, adesso volevo guardare il tramonto e tornare a riposare.
Mi piace la gente che ha paura, ma che poi se la fa passare subito. Mi è sempre piaciuto il mare e anche guardare le persone e metterle un po’ a disagio, quel tanto che bastava, ma erano tempi diversi. Secondo alcuni ero troppo ribelle e secondo certi altri ero insopportabile, è così che va, non si può certo piacere a tutti.
Dai piani alti mi è stato concesso di uscire di tanto in tanto. Perché? Perchè evidentemente non mi meritavo che andasse così, non mi meritavo niente di quello che mi è successo, ma adesso non mi va di parlarne, oggi è stata una bella giornata, è stato un bel San Valentino, anche se qui innamorati ne girano pochi. E quando ci sono spesso sono dispari.
Mi chiamo Sofia, sono morta nel 1925, avevo 20 anni, ero ribelle, insopportabile e qualcuno mi ha concesso di uscire dal mio posto per guardarmi attorno e giocare con le persone, non so se sono un fantasma e onestamente non mi importa.