Se l’horror arriva a
scuola
Nella “mia” Cremona, in una scuola media (come la mia) di città, un docente varca la soglia della classe e si appresta a fare una supplenza. Per il 90% degli alunni la parola supplenza equivale a “non fare nulla”. Manca la prof (ad es.) di italiano? Iniziano a piovere le richieste, di qualunque tipo: “prof, posso sedermi vicino a X?” “Possiamo ascoltare musica col cellulare?” La maggioranza dei ragazzi invece non chiede nulla e si sente legittimata a fare baldoria parlando ad alta voce col compagno di banco. Il clima che si genera è ovviamente caotico, senza controllo. Un buon docente, ovviamente, se ha esperienza e polso previene queste situazioni e fa in modo che l’ora venga svolta nella maniera più dignitosa possibile.
Ritorniamo a Cremona. Nella classe che ho citato in testa all’articolo, alla richiesta di alcuni ragazzi di poter vedere un horror slasher vietato ai minori (Terrifier, nello specifico), il collega ha acconsentito senza nemmeno premurarsi di verificare di cosa si trattasse. Facendo mente locale il titolo della pellicola avrebbe potuto fornire un’indicazione, un input al docente, cosa che non è successa. Ma non mi dilungo nella questione, dato che la vicenda è stata trattata prima in ambito provinciale per poi diventare, nel giro di poche ore, di dominio nazionale. Appare evidente come un ragazzo di 12-13 anni non possa minimamente avere la maturità per affrontare la visione di un film come Terrifier, un horror low cost, gore e senza limiti in quanto a efferatezza.
Un adulto, specie se mastica il genere, probabilmente si sarebbe fatto due risate. A me è successo proprio questo (non prendetemi per un serial killer), soprattutto per l’alta improbabilità delle scene, sì violente, ma volutamente artefatte e, direi, improbabili. In alcune di esse Art The Clown compie opere di vera macelleria tra arti mozzati, sangue a catinelle, il tutto senza mai togliersi dalla faccia quel beffardo ghigno senza sonoro (non lo si sente mai ridere, né proferire una parola che sia una, facendolo assurgere a vera icona per gli amanti del genere). Ma, come dicevamo, un ragazzo di quella fascia di età con tutta probabilità non avrà la maturità di cogliere le sfumature neppure di un film per teenager, limitandosi (non certo per colpa sua) a osservarlo in superficie, magari facendosi trascinare dal giudizio dei coetanei, non disponendo degli strumenti che gli possano permettere una visione più critica e approfondita. Ovviamente questo discorso vale anche per la musica. Altrimenti non si spiegherebbe come mai i ragazzini delle medie esaltino una band come i Maneskin.
Cinema come “contenitore – contenimento” / intrattenimento?
Ci tengo a ribadire che non ho di certo citato lo scivolone del collega, dovuto principalmente all’inesperienza, per metterlo in cattiva luce. Ho scelto di farlo perché, al giorno d’oggi, il cinema è prevalentemente ridotto a materia di svago nelle classi con i ragazzi e, spesso, a semplice evasione nelle sale cinematografiche per gli adulti. Se una famiglia si reca al cinema per trascorrere un’ora e mezza in pieno relax, per assistere magari alla proiezione dell’ultimo italico cinepanettone di Natale, ridere sempre delle stesse battute mentre sgranocchia avidamente un cesto di popcorn, in fondo non c’è nulla di male. D’altronde, per quanto i gusti siano gusti, non si può negare che per recepire, guardare un film con occhi diversi, con uno sguardo critico, occorra uno studio pregresso, letture che abbiano proprio il cinema come focus e, sicuramente, un migliaio di film nel proprio bagaglio da spettatore.
Reminiscenze accademiche in celluloide
Mi sono più volte chiesto perché il cinema non sia già da tempo una materia di studio nelle scuole, a partire dalle medie. Ho personalmente avuto la fortuna di seguire due corsi di Storia del Cinema all’Università, quando ero ancora studente di Musicologia a Cremona, con il docente Leonardo Gandini (che mi fa piacere citare e che il nostro Enrico Pietra conosce bene). Partimmo dal cinema muto e da capisaldi come Nascita di una nazione (del 1915), film che se avessi visto di mia iniziativa senza un supporto tecnico adeguato non avrei potuto comprendere in profondità. Non sarei riuscito a coglierne tantissime sfumature: dal sonoro, al montaggio, alle sottigliezze della sceneggiatura, così come alle tecniche di inquadratura. Ascoltare le sue parole a caldo dopo la proiezione equivaleva a rivedere il film. Ricordo ancora il linguaggio adoperato a voce e nelle dispense cartacee. Era davvero alla portata di tutti: a tratti tecnico ma estremamente chiaro e scorrevole. Un neofita poteva avvicinarsi alla settima arte finendo per appassionarvisi.
Perché non partire da prima?
Nelle scuole medie si potrebbero affrontare le stesse tematiche di un corso universitario, basterebbe adoperare un linguaggio più semplice e diretto, proponendo magari tanti esempi pratici. I ragazzi sicuramente apprezzerebbero e, gradualmente, finirebbero per disporre di strumenti più precisi e puntuali per comprendere meglio e più a fondo un film. In questo modo potrebbero nascere dei veri e propri cineforum, per cogliere (perlomeno in piccola parte) caratteristiche tecniche come la fotografia, la sceneggiatura (parola che per loro suonerebbe come qualcosa di alieno, ma solo inizialmente), la musica stessa. Per esperienza vi posso garantire che tante attività che abbracciano musica e cinema sono fattibili in una classe delle medie. Ad esempio, si può far scorrere una sequenza senza sonoro e poi rifarla vedere con due brani di sottofondo, chiedendo ai ragazzi: “secondo voi quale delle due era la colonna sonora adoperata nel film per quella scena”? I ragazzi arrivano così a cogliere il nesso tra musica e parte visiva, comprendendo come la musica possa orientare l’immagine, dandole un senso diverso a seconda del sottofondo scelto. Sono davvero innumerevoli le modalità per avvicinare i ragazzi al mondo del cinema. Forse, un domani, questo desiderio (non soltanto mio) verrà preso in considerazione anche a livello politico. Ci sarebbero meno ignoranti e l’arte e la cultura verrebbero nobilitate. Anche se siamo pur sempre in Italia.