Un sabato italiano - InEsergo

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26 Gennaio 2023 - Musica

Il peggio sembra essere passato
  
Un sabato italiano
 
Premessa: il solo rievocare quegli anni mi mette il magone. Immaginiamo di tornare indietro nel tempo e ammarare negli anni ’80, così bistrattati, così ingenui e vacui per alcuni, rimpianti da tanti altri, forse anche da me. All’epoca nelle reti televisive (non esisteva ancora la paytv) venivano trasmessi programmi che, oggi, probabilmente non troverebbero lo spazio che meritano nei palinsesti.

Mr. Fantasy, lo show televisivo che rivoluzionerà il modo di far sentire la musica in TV, nella primavera del 1983 mandò in onda ben otto videoclip tratti dallo stesso album – Un sabato italiano - dell’esordiente cantautore romano Sergio Caputo che all’epoca lavorava come art director per l’agenzia McCann-Erickson, un lavoro che lo faceva rimbalzare sovente tra Roma e Milano. Otto video erano un’enormità se si pensa che l’album in questione conteneva dieci tracce.

Il disco venne scritto d’impulso, senza ragionamenti a tavolino, e rifletteva una precisa fase di vita dell’autore, con il mito dell’America sullo sfondo, le inquietudini, i sogni, i riferimenti cinematografici (“così ci avventuriamo nella Roma felliniana”), gli amori andati, la vita selvatica, sregolata con qualche whiskey di troppo e le bravate con gli amici storici, come Riccardo Rinetti (al quale Caputo dedicò Io e Rino), nelle notti romane. Si tratta della Roma di Nicolini, allora assessore alla cultura, che coniò la definizione “estate romana” proprio per traghettare definitivamente fuori la città dagli “anni di piombo”, ridando slancio e ottimismo alla gente.

Tra Trastevere, Testaccio, Circo Massimo si consumava la movida capitolina. L’attualità del messaggio ce lo ricorda lo stesso cantautore: “oggi so che, senza neanche rendermene conto, dipingevo emozioni, sogni, voglia di vivere e quella frenesia di staccarsi dall’ordinario che non sono caratteristici di un’epoca in particolare ma di una precisa fase della nostra vita”. La riprova sta nel fatto che, oggi, il pubblico medio dell’artista romano, non è composto solamente dagli aficionados della prima ora. Non di rado ai concerti sono presenti ragazzi poco più che ventenni che magari hanno scoperto Caputo attraverso la discografia dei rispettivi padri.  

Le parole

Mi piacerebbe poterne parlare con distacco, senza l’assunzione di termini oltremodo entusiastici, ma non riesco. Un sabato italiano è un capolavoro senza età e mantiene inalterata nel tempo la sua bellezza. Perché? Partiamo dal brano omonimo, che fa della leggerezza, del sense of humour e di un modo di scrivere completamente nuovo per l’epoca il suo punto di forza.

Il fetido cortile ricomincia a miagolare
l’umore è quello tipico del sabato invernale
La radio mi pugnala col il festival dei fiori
un angelo al citofono mi dice vieni fuori
malinconia latente nei momenti più felici
abissi imperscrutabili le donne degli amici

Ma come nascono queste liriche? Caputo era solito buttare i pensieri primordiali su pezzettini di carta, frammenti apparentemente distanti di un ipotetico puzzle che, in alcuni casi, si sarebbero incastrati alla perfezione come per magia. Il tutto sotto il frequente stato di alterazione alcolica nel quale versava il nostro (All’epoca pensavo che non sarei sopravvissuto oltre i 40 anni… tornavo dal lavoro alle 18:30, andavo a dormire e verso le 23 la mia sveglia suonava. Iniziava il giro notturno dei locali… La mia vita è cambiata da allora, dopo un infarto). Molte delle idee musicali, poi confluite nell’album, sono state registrate nel corso della notte. Lo stesso artista le inviava sulla propria segreteria telefonica per poi riascoltarle, una volta sobrio. La melodia di Un sabato italiano nacque esattamente così. “Il giorno dopo mi sveglio tardi, non ho idea di come abbia fatto a rientrare a casa. C’è un bicchiere con dentro un dito di whiskey, mi accorgo che ho usato il registratorino a pile. Anche la chitarra è buttata lì con di fianco un blocchetto di appunti illeggibili. Mando indietro il nastro, schiaccio play… Sabato italiano era lì, compreso il riff dei fiati”. Il lessico è, per l’appunto, molto ricercato. Si tratta di una caratteristica che è possibile riscontrare in tutti gli album del cantautore romano, anche quelli di matrice più pop (fine ’80 – inizio ’90). Io scrivo come parlo, il resto è determinato dalla musica.  Costanti riferimenti alla settima arte, doppi sensi pregni di umorismo, come nel brano Mettimi giù che gioca sulle varie accezioni che può assumere il titolo stesso, termini inconsueti o addirittura inesistenti (Idrofobina vegetale) per l’epoca. Liriche innovative, fresche, che riflettevano perfettamente l’aria che si respirava in quel preciso periodo storico, così effervescente.

La musica

Caputo non è mai stato un fan sfegatato del jazz cosiddetto standard. Piuttosto si è sempre dichiarato interessato, per vocalità e arrangiamenti più fruibili al cospetto di un pubblico più vasto, agli album dei Manhattan Transfer o allo swing degli anni ’30 (il periodo d’oro) con Glenn Miller tra i miti d’infanzia. Sono questi alcuni tra i riferimenti musicali nella stesura delle musiche dell’album. Pur non riscontrando personalmente precisi riferimenti agli artisti sopracitati, credo sia impossibile negare come il connubio di swing (a livello armonico/melodico) e pop (per quanto concerne la struttura dei brani) sia proprio la carta vincente di Un sabato italiano. I suoni risentono, ovviamente, del periodo: batterie pesantemente riverberate, sintetizzatori che ricreavano il sound dei fiati e un manipolo di musicisti di grido come Marco Rinalduzzi alla chitarra, Derek Wilson alla batteria, Antonio Marangolo al sax. Solitamente in quegli anni le tracce che accompagnavano il singolo (o i singoli) apripista erano perlopiù una sorta di riempitivo. Qui invece servirebbe un altro articolo per sviscerare brani come E le bionde sono tinte, Night, Mercy bocù (sì, scritto esattamente così), Bimba se sapessi e la splendida Spicchio di luna, una delle più belle ballad mai scritte da Caputo. Un sabato italiano è stato collocato dall’autorevole rivista Rolling Stone alla posizione numero 37 tra i 100 dischi italiani più belli di sempre. In un impeto di ottimismo Caputo declamava “c’è un aria formidabile, le stelle sono accese… e sembra un sabato qualunque, un sabato italiano, il peggio sembra essere passato”. Possiamo dire la stessa cosa anche oggi?



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