Quanno chiove (a Dubai)
Non comprendo i complottisti sempre così allarmati, perché, secondo loro, “ci vogliono sterminare tutti” usando le scie chimiche, i vaccini, il tofu, ecc. Non credo proprio che qualcuno voglia sterminarci tutti, ma anche se fosse…. qual è il problema? Tu, complottista che hai paura che vogliano sterminarti tutto, cosa stai facendo di così importante da crederti fondamentale per il pianeta? Fossi in te, quando passano le scie chimiche mi metterei sotto con la bocca aperta, così lasci prima di noi questa valle di lacrime e smetti di essere preoccupato che “ci vogliono sterminare tutti”
Salvatore Brizzi
Nella notte tra il 15 e il 16 aprile scorsi, e soprattutto nella giornata di martedì 16, sulla sola Dubai si sono riversati 142 millimetri di pioggia e oltre 250 sono caduti nell'Emirato di Al Ain. Una quantità d’acqua spaventosa che, secondo i dati del locale National Center of Meteorology, rappresenta un evento straordinario e senza alcun termine storico di paragone: le medie pluviometriche negli Emirati Arabi Uniti si attestano infatti intorno ai 100 millimetri annui. Le conseguenze si possono facilmente immaginare, a cominciare dall’aeroporto di Dubai, uno dei più importanti al mondo: centinaia di voli cancellati e migliaia di viaggiatori ammassati a proferire giaculatorie.
Come riportato dall’agenzia di stampa statunitense Bloomberg.com, un meteorologo del Centro Nazionale di Meteorologia (tale Ahmed Habib) ha subito messo in relazione almeno una parte dell’eccezionale fenomeno con la pratica dell’inseminazione artificiale delle nuvole (effettuata con nanomateriali igroscopici e idrofili), o cloud seeding che dir si voglia, in uso presso gli Emirati dalla fine degli anni ’90. Un programma, per inciso, portato avanti con la collaborazione del National Centre for Atmospheric Research del Colorado, della Witwatersrand University in Sud Africa e della NASA. I precedenti ci sarebbero anche: sempre a Dubai nel febbraio scorso temporali piuttosto violenti, con annesse grandinate, sono stati affiliati da Habib a «27 operazioni di inseminazione tra l’11 e il 15 febbraio, prendendo di mira nuvole con condizioni favorevoli, caratterizzate da forti correnti ascensionali e alta umidità». D’altra parte, come ribadito pubblicamente da Omar Alyazeedi, vicedirettore dell’NMC, gli Emirati Arabi effettuano circa 300 voli di inseminazione all’anno. Sempre Alyazeedi ha però categoricamente smentito che l’NMC abbia condotto operazioni di semina prima del catastrofico evento di qualche giorno fa, anche perché l’agenzia governativa responsabile delle missioni di cloud seeding negli Emirati Arabi Uniti non condurrebbe «operazioni di inseminazione durante eventi meteorologici estremi».
Non è intenzione di questo articolo spingersi oltre nella questione, giacché chi scrive non è particolarmente affascinato dalla geoingegneria (nemmeno da quella clandestina, che non si può certo negare a priori), almeno non al punto da addentrarsi in maniera sufficientemente seria tra scie chimiche (espressione che mi ha sempre provocato l’orticaria) e il variegato sottobosco dei sostenitori del moriremo tutti e male. Quel che invece mi ha incuriosito dell’alluvione di Dubai è stata l’ardita connessione, sbattuta in prima pagina da parte di alcune delle più importanti testate giornalistiche nostrane, tra l’evento e le ben note e invalse tecniche di modifica del clima. Qualcosa che esiste da decenni, ma che solo ad accennarne fino a qualche tempo fa si veniva additati al pubblico ludibrio. Scelgo fior da fiore: Il Sole 24 Ore “Alluvione a Dubai provocata dall’uomo?”; La Repubblica “Cos’è il ‘cloud seeding’, una delle possibili cause delle piogge devastanti a Dubai”; Panorama “Dubai allagata. Gli effetti collaterali dell’inseminazione delle nuvole colpiscono gli Emirati”; Il Tempo “Dubai, dopo l’alluvione sospetti sul cloud seeding. Polemica per le piogge incredibili”. Mi fermo qui per carità di patria. Com’è possibile che ci sia qualcosa di inerente al miserrimo rapporto tra l’essere umano e il cielo che non ricada nel variegato mazzo dei cambiamenti climatici, dello scioglimento del mondo, dalle flatulenze dei bovini e della Panda di mio nonno che ha inquinato oltremodo gli apogei?
Intendiamoci: Stati Uniti, Cina, Russia, Australia, Sudafrica, Israele, perfino l’Italia (in Puglia, Sicilia e Sardegna, almeno ufficialmente) hanno testato in varie occasioni la tecnica dell’inseminazione. Il punto è che la scienza ufficiale ha sempre ridimensionato i facili entusiasmi, come ben ricordava poco più di un anno fa il dottor Sandro Fuzzi, del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr): «è certo che l’inseminazione delle nuvole alteri la loro struttura, mentre è invece ancora controversa la sua efficacia nella formazione di precipitazioni». Anche Omar Alyazeedi ha confermato che il cloud seeding può incidere sulla media precipitativa con percentuali che vanno da un minimo del 15% a un massimo del 25%, non certo provocare alluvioni. Nella vita c’è sempre un però, come cantava Samuele Bersani, e si sa che all’essere umano piace giocare al piccolo chimico.