Preludio al silenzio - InEsergo

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02 Gennaio 2022 - Storie

Un racconto che ha per protagonisti l’emisfero Sinistro (razionale, analitico, verbale… destrimano) e l’emisfero Destro (intuitivo, creativo, non verbale… mancino) del cervello umano.
 
Preludio al silenzio
 
Prefazione
 
Tu che stai per leggere, vorrei solo avvisarti che sei davanti a un testo plurisensoriale: verso la fine (e non prima) ti chiederò in modo esplicito di ascoltare una breve traccia musicale. Se non hai tempo (o voglia), rimanda l'intera lettura a data da destinarsi. E se te ne dimenticherai non importa, perché nulla di tutto ciò è necessario.

I
Questa è la storia di due fratelli, S. e D., di ritorno alla loro dimora dopo un lungo e lento viaggio sul volto orografico di quel lembo di Madre Terra dove sono nati. Manca appena un giorno all’arrivo e il risveglio attorno alla tenda ha i rintocchi del bosco.

S. smonta il campo con metodo e rigore, ordinando gli elementi nell’apposita sacca con una precisione invidiabile. Stesso procedimento per il suo bagaglio e i viveri, impiegando un tempo perfettamente in linea con la tabella di marcia, inclusa la consueta alzata di sopracciglio verso i laboriosi, infiniti e spesso vani tentativi del fratello di trovare sempre nuove disposizioni alle cose dentro lo zaino. Chi fatica di più tra i due però è S., insofferente nell’attesa, e non D. concentrato nel suo gioco di incastri.  

S. avanza con passo calibrato, collaudato ed efficace. Si ferma per idratarsi, osservare la strada percorsa, indagare il cielo e qualche indizio all’orizzonte. Ogni tanto, nelle pause più lunghe concede un po’ di attenzione a un elemento del paesaggio (un albero per esempio): lo indaga, lo riconosce, lo nomina. Se ha dei dubbi cerca un confronto attorno oppure nella memoria. Gli dedica però il tempo idoneo, non di più. Se non arriva a una conclusione certa ha due possibilità: avvicinarsi per approssimazione, pescando tra le sue idee e rimanendone fedele fino a prova contraria (“Quello per me è un Leccio”); oppure lasciar perdere (“Bah, non è importante”).

S., da previdente quale è, ha inserito sin da principio una voce nella tabella: richiamare il fratello di tanto in tanto e accertarsi che non si allontani dal percorso scelto, quello più breve s’intende. Scelto da S. ovviamente.

E infatti è da un bel pezzo che non sente lo sfrigolio goffo e ingarbugliato degli scarponi dell’altro dietro di sé. Mentre la brezza rinforza un poco, gira lo sguardo oltre la spalla destra e scorge la sua sagoma in piedi su un masso errante.

“Hey, che fai?!”
“La vedi anche tu?”
“Cosa?”
“Lassù, tra quelle rocce”
“Non vedo niente”
“Ma c’è, ti dico!”
“Descrivimela”
D. tentenna, farfuglia, poi rinuncia: “Mi spiace, non trovo le parole”
“Non mi sorprende, quello di solito è compito mio”
D. rimane assorto nel suo mondo.
“Dai vieni che si fa tardi e il Passo è ancora lontano. Non c’è niente lassù”
“Hai ragione fratello. Se non la vedi… non c’è1
“In che senso?”

D., non più assorto ma sornione, non risponde e senza fretta torna sul sentiero. Mentre S., il dosatore d’energia, non perde tempo con quell’enigmatica allusione e riprende il cammino.  

L’azzurro si scalda, il bianco che al meriggio acceca vira in giallo e poi l’arancio accarezza l’iride. Sul pendio il fruscio vibrante del verde lascia terreno a marroni profondi e grigi lunari. La brezza che più a valle avvolgeva, in quota taglia come la roccia. Persino le ombre pungono, affilate dal freddo. Si diffonde tra gli anfratti un suono nato da un profumo di luce sui licheni e D. sente stringersi un nodo in gola color arcobaleno e non può accorgersi della mano improvvisa che lo afferra per il braccio.

“Stai attento fratello, quassù ci si fa male.”
S. lo ha visto vacillare, poi inciampare e non ha messo tempo in mezzo.
“Fermiamoci qui stanotte” continua, aiutandolo nel punto più ripido, “é solo un leggero mal di montagna. Ho già trovato un posto riparato dove montare la tenda”.

II
Scende la sera e il fuoco del bivacco è un astro adagiato sulla guancia di Madre Terra.
Mentre D. sta creando nuove costellazioni con le dita, un’imprecazione squarcia la quiete.
“Merda!”
“Che succede S.?”
“Si è rotto l’apriscatole”
“E…”
“E non abbiamo altro da mangiare”
“Neanche un biscotto?”
“No, non era prevista questa sosta e siamo rimasti con quasi niente!” S. si alza stizzito per poi vuotare il sacco: “Se solo non divagassi di continuo lungo il percorso non andremmo così lenti e ora saremmo già a casa. Ho calcolato che in tutti questi giorni abbiamo perso in media due ore a tappa a causa tua. Bisogna razionalizzare tempi e viveri in un viaggio di questo tipo. Invece ce ne andremo a letto senza cena e domani affronteremo il Passo a stomaco vuoto!”.
“Ok, ora stai zitto un attimo e scegli: questa, questa o questa?”
S., intimorito dalla risolutezza del fratello, interrompe lo sproloquio e osserva le tre soluzioni alternative all’apriscatole proposte da D.
La prima è inutile, la seconda complicata. Ma la terza, sintesi delle altre due, è semplicemente geniale, addirittura un’evoluzione del vecchio apriscatole.
Dieci minuti dopo stanno cenando attorno al fuoco.

“Come hai fatto, D.?”
L’altro alza le spalle.
“Non ti facevo così… abile”
è solo intuito o forse visione più ampia. Si va per tentativi. Ad ogni modo mi hai sempre sottovalutato”
“Perché dai l’impressione di vivere tra le nuvole”
“Non vivo tra le nuvole, semmai dappertutto nello stesso istante”   
“Non ti capisco”
“Non so dirlo meglio”
“Già, le parole, i concetti, i significati…”
“… Sono affar tuo, non mio”
“Bah, sarà perché sei mancino”
“Sarà cosa?”
“Che sei così fuori dagli schemi”
“… La sinistra, mano del demonio! Uaaarrrrg”

Risate sotto i baffi sfumano nel sonno.

III
“L’alba con qualche nuvola a macchiare il cielo è ancora più magica. Guarda che colori! E anche quella pozza laggiù, dove si stanno abbeverando i camosci, cambia tinta di continuo. Tutti vedono l’acqua azzurra perché tutti approssimano senza vedere davvero”.
Lo sguardo di D. plana sul mondo come vento.
Il viaggio volge al termine ed S., che ha già smontato e riassettato tutto, lascia spazio contemplativo al fratello. Nel dare e avere sceglie la sua ricompensa: di nascosto gli riempie lo zaino nel modo più logico, immediato e funzionale.
“Sai cosa significano quelle nuvole a schiera?” Chiede S.
“Il cielo a pecorelle?”
“Sì”
“Pioggia a catinelle!”
“Esatto, quindi muoviamoci, è necessario arrivare al Passo prima che scoppi il temporale”.

Schiaffi d’aria affaticano l’ascesa mentre S., accigliato, scruta il cielo di continuo, calcolando quanto tempo li separi dalla pioggia. Anche D. scruta il cielo ma la sua attenzione non è rivolta al tempo quanto alla relazione tra ciò che sta e ciò che muta.
S. detta il ritmo, D. lo alleggerisce.

Ed ecco il Passo.  
Con un abbraccio spontaneo e pacche soddisfatte sulle spalle si avvolgono.
L’eco dei primi tuoni rimbomba tra le gole.
Dall’altro versante, in fondo alla valle, il villaggio li attende.

IV
Giungono a casa sotto una pioggia innocua ma sempre più insistente, mentre il Passo è ormai inglobato nella tempesta.
 
“Ti va di stare un po’ in veranda? C’è una bella atmosfera” propone D. liberando le spalle dallo zaino e i piedi dagli scarponi.
S. annuisce e si lascia cadere sulla panca in legno: “Sono stanco” sospira.
“Anche io” afferma D. massaggiandosi le gambe e la schiena.
“In modo del tutto diverso però: tu hai il fisico dolente, io ho la testa pesante. E c’è la stufa da accendere”.
“Se mi lasciassi più spazio potrei alleggerirti”.
“Pensi che sia troppo rigido?”
Il problema è che vuoi controllare tutto, non ti dai tregua e ti fidi poco di me
“Se stamattina ti avessi lasciato la guida saremmo ancora sul Passo”.
“Non parlo di stamattina, ma di adesso. Riposati. Ora puoi”.

(Cara lettrice/caro lettore è il momento di prendere le cuffie, cliccare sul video youtube che trovi qui sotto e lasciare che la musica faccia da sfondo alle ultime righe. Aspetta che arrivi il tuono prima di riprendere la lettura e, quando finiranno le parole, rimani semplicemente in ascolto).
 
Mentre S. si concede una pausa e scivola in un sonno profondo, nuvole di seta filano tra gli alberi e la terra sfiata vapori.

D. apre il taccuino su una pagina vuota, allunga il braccio oltre il tetto della veranda e fa bagnare di pioggia la punta del pennello.

Poi con un gesto libero e puro, dipinge con l’acqua il suono del silenzio.
 
 




 
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Per approfondire l’argomento:
- Il nuovo Disegnare con la parte destra del cervello (Betty Edwards - ed. Longanesi)
- Creatività e pensiero laterale (Edward De Bono - ed. BUR)
- I meccanismi della mente (Colin Blakemore - Editori Riuniti)

1Cit. dal film “Il potere del cane” (Jane Campion - 2021)

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