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09 Febbraio 2022 - Libri

David Foster Wallace e la burocrazia

Non sparate sul funzionario
  
“Se c’è un autore sul quale non mi passerà mai per la mente di scrivere qualcosa, questi è senza dubbio David Foster Wallace
 
Così mi sono sempre detto tra me e me.
 
Sicché, per la legge del contrappasso, eccomi qua a parlare del genio di Wallace!
 
Breve premessa: scrivere sull’opera, cioè sui temi e sui significati dei saggi e dei romanzi di Wallace, sarebbe da parte nostra quantomeno arrogante (e comunque improbo). Peraltro, esiste già una vastissima letteratura di analisi critica del suo lavoro.
 
Ci fa comunque piacere tirarlo per la giacchetta per celebrare il decennale dell’uscita del suo ultimo, postumo e incompleto romanzo, Il Re Pallido, edito in Italia nel novembre del 2011; tre anni prima, ahinoi, lo scrittore di Ithaca aveva deciso di farla finita con la vita terrena. Già nel 1996 con Infinite Jest (per chi scrive il libro più sconvolgente della vita, a livello tecnico, narrativo e contenutistico) il Nostro riusciva a pre-vedere e pre-dire situazioni e innovazioni socio-scientifiche che avrebbero effettivamente visto la luce molti anni più tardi; ugualmente Wallace esordì in The Pale King con un’epigrafe che sembra un vaticinio: Riempiamo moduli pre-esistenti e riempiendoli ne siamo cambiati”.

Probabilmente nessuno di noi ha mai provato nella vita l’esperienza di doversi munire di moduli di autodichiarazione per uscire di casa come accaduto da marzo 2020 in avanti a causa del lockdown. Attività quotidiane assolutamente consuete come fare la spesa, andare in ufficio, recarsi alle visite mediche, che implicavano la possibilità di essere fermati dalle forze dell’ordine per controlli di verifica.

Da allora, in questi 22 mesi, i nuovi moduli/documenti necessari sono divenuti molteplici: dalle assenze dei figli a scuola (per le quali non basta più la semplice giustificazione genitoriale), all’esibizione del Green Pass negli ambienti di lavoro e del tempo libero. Documenti, ovviamente, non alternativi ma in aggiunta a quelli già essenziali in ogni altro ambito del nostro agire amministrativo.

Chi lavora nel front office della Pubblica Amministrazione (quindi a contatto con il pubblico), come il sottoscritto, ha avuto la netta percezione che tutta questa farragine venisse utilizzata per rafforzare la retorica che giornali e tv mainstream hanno spesso cavalcato per giustificare ritardi, arretratezze e corruttibilità del nostro sistema Paese.

Senza voler negare le verità che sicuramente si celano dietro alcuni luoghi comuni, ma volendo altresì difendere la categoria senza paraocchi, basterebbe asserire che la natura stessa dello Stato di Diritto vuole l’esistenza di modulistica, l’individuazione formale di responsabili del procedimento, certezza nei tempi di risposta alle istanze presentate, ecc.

Tuttavia, per gettare una luce diversa e da una nuova prospettiva, preferiamo lasciare la parola a Wallace, citandolo ancora da Il Re Pallido: “Ho imparato che il mondo come lo conosciamo oggi è una burocrazia. È un’ovvia verità, naturalmente, così come lo è il fatto che l’ignoranza causa grande sofferenza”.

L’accezione della frase, soprattutto se messa in correlazione con ignoranza e sofferenza, potrebbe apparire negativa, ma chi ha letto il romanzo coglie che l’autore non pone l’attenzione solo sull’autoreferenzialità della Macchina Burocratica e su certe sue assurdità intrinseche, ma, giustamente, anche sulle persone, sui lavoratori.

Wallace, se da un lato pare soffermarsi sulla capacità dei burocrati di sopportare, assuefacendovisi, la noia del loro ripetitivo lavoro (“se sei immune alla noia, non c’è letteralmente nulla che tu non possa realizzare”), dall’altro non nasconde nei confronti dei suoi personaggi (funzionari di una sede decentrata dell’Internal Revenue Service statunitense, la nostra Agenzia delle Entrate) affetto ed empatia.

D’altra parte, chi di noi non è mai incappato in un burocrate annoiato, ottuso o scortese (magari con tutte e tre le “prerogative” insieme)? Quanti di noi non rinfocolano il loro pregiudizio nel momento in cui devono interagire con gli Uffici Pubblici prefigurandosi difficoltà, code e lungaggini di ogni genere per ottenere l’erogazione del servizio richiesto? In realtà sono le persone, le loro qualità umane e professionali, il loro impegno e dedizione che fanno la differenza tra una Pubblica Amministrazione amica ed efficiente e una matrigna e/o autoreferenziale. Come in ogni ambito.

In una fase socialmente così divisiva (divisioni che abbiamo visto esplicitarsi plasticamente, e drammaticamente, anche nelle piazze italiane a partire dallo scorso autunno), forse le riflessioni di Wallace potrebbero aiutare a proiettare uno sguardo diverso verso i funzionari di Stato e di qualsivoglia Ente, spesso oggetto degli strali di tanti concittadini arrabbiati e incattiviti per le più svariate, e legittime, ragioni.

A tal fine voglio chiosare citando le parole di un personaggio del libro, un docente che tiene un corso per i neoassunti alla I.R.S.:

“Il vero eroismo non riceve ovazioni, non intrattiene nessuno. Nessuno fa la fila per vederlo. Nessuno se ne interessa. […] Il vero eroismo siete voi, soli, nello spazio di lavoro che vi hanno assegnato. Il vero eroismo sono i minuti, le ore, le settimane, gli anni e anni di un esercizio di probità e attenzione silenzioso, meticoloso, coscienzioso, senza nessuno che veda o acclami. […] Conservare la cura e la scrupolosità per ogni dettaglio stando dentro quel proliferare di dati, regole, eccezioni e contingenze che costituiscono il mondo reale: questo è eroismo. Soddisfare pienamente le esigenze del cliente e creare un equilibrio tra quelli e gli alti standard etici della legge in vigore, servire coloro che non sono interessati al servizio ma al risultato: questo è eroismo”.




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