La lezione frontale è il vero problema? - InEsergo

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24 Febbraio 2025 - Attualità

Tra educazione e centralità dell’insegnante
 
La lezione frontale è il vero problema?
 
Quanti di voi hanno visto e rivisto quel capolavoro che risponde al nome di L’attimo fuggente? Non ero ancora un insegnante quando mi imbattei in questa pietra miliare della cinematografia mondiale. Come molti di voi rimasi rapito dalla figura di John Keating, il professore impersonato dal mai tanto compianto Robin Williams. La sequenza nella quale tutti i suoi alunni salgono sui rispettivi banchi inneggiandolo al grido di Oh capitano mio capitano mi provocò un sussulto interiore al punto che, un po' per inesperienza (era il mio primo anno di insegnamento), un po' per la follia/eccitazione del momento, ricreai qualche anno dopo quella scena nella mia classe, con gli alunni a rivolgermi quelle stesse parole. Peccato che, sul più bello, fece il suo ingresso in classe la vicepreside. Il resto ve lo lascio solo immaginare…

Il personaggio impersonato da Williams era un professore sui generis, sicuramente carismatico e persuasivo. Non si avvaleva di sussidi informatici (per ovvie ragioni, si tratta di un film del 1989), ed era sicuramente molto abile nel comunicare CON gli studenti. Ma non si trattava di un semplice travaso di contenuti docente – discente. Le capacità degli alunni - estro, fantasia, creatività - venivano valorizzate pienamente. Il fattore umano e l’unicità di ogni singolo discente erano considerati da Keating fattori decisivi nella crescita del loro percorso di vita, tanto quanto le conoscenze e il sapere di base.

Con un volo pindarico facciamo un salto avanti di qualche anno, lasciando per un attimo da parte il mondo in celluloide (ci torneremo) e planiamo sulla dura realtà. Dopo una serie di tagli all’istruzione operati dai vari Ministri, la Buona Scuola (il nome faceva già sorridere) di Matteo Renzi, diede il cosiddetto colpo di grazia, avviando le scuole verso un percorso di innovazione e digitalizzazione ritenute necessarie e al passo coi tempi, anche per superare l’impostazione frontale, favorendo una didattica meno trasmissiva e più operativa. Questo, perlomeno, era l’obiettivo che si voleva raggiungere. Peccato che i ragazzi di oggi (buona parte) siano dei gran smanettoni con tutto ciò che è tecnologico e molti di loro non sappiano scrivere in corsivo. Si tratta di un fenomeno che personalmente mi getta nello sconforto più assoluto, avendo giornalmente modo di verificare questa triste tendenza.

Ma la cosa che più conta sembra essere il tentativo di abolire la lezione frontale, considerata la causa di tutti i mali. L’insegnamento classico, definito per l’appunto frontale, viene dai più ritenuto desueto. E allora il registro elettronico sostituisce quello cartaceo, la LIM subentra alla lavagna tradizionale, i contenuti vengono condivisi dai docenti attraverso link YT con Classroom che gli alunni possono facilmente aprire con un clic. Consultare un’enciclopedia classica per le ricerche da fare a casa è al giorno d’oggi qualcosa di impensabile, ci pensa Wikipedia e vai di copia e incolla. Che senso ha scrivere a penna una sintesi ragionata dei contenuti? Capita di leggere alcune ricerche molto ricche a livello lessicale (chissà come mai…), con dei termini che lo studente che l’ha concepita non userebbe di certo, semplicemente perché non li conosce. Ma per la tecnologia questo e altro.

Per quale motivo, poi, sudare per fare i compiti, quando esistono alcuni software che in pochi istanti permettono di evitare quella faticaccia? I compiti in casa si fanno con WhatsApp, ci si scrive nella chat di classe, si fotografano i compiti svolti, si inoltrano al gruppo e il gioco è fatto. Questi sono solo alcuni esempi che fanno capire come la tecnologia abbia addirittura appiattito le capacità logiche e di ricerca dei ragazzi, sempre più inclini al tutto e subito. Permane il fatto che, per quanto riguarda la mera didattica, ai più (pedagogisti, formatori, politici che non hanno mai messo piede in una classe per capire cosa si vive giornalmente) la lezione frontale non piace, perché considerata poco coinvolgente, poco equa. A detta loro può risultare efficace per pochi, deleteria per i più (a causa dei bassi ritmi di apprendimento). Infine (sempre per i detrattori), non aiuterebbe a sviluppare il pensiero critico.

Ma siamo davvero sicuri che siano questi i veri problemi? Un insegnante dietro una cattedra che espone la sua lezione e gli studenti anestetizzati seduti e in silenzio (utopia) come dei vasi che ricevono le informazioni, silenti e passivi? Cosa vi spaventa di tutto ciò? Io ho assistito a dei webinar di una noia mortale, nei quali i relatori (con tono monocorde) si limitavano quasi del tutto a leggere delle slide proiettate su una LIM, nonostante gli argomenti trattati fossero di assoluto interesse.

Quindi il problema non sta tanto nei mezzi adoperati (digitali, preistorici, da boomer direbbero alcuni), quanto nel chi li gestisce. Una lezione preparata con dovizia di tecnologie può risultare altamente soporifera, nonostante la competenza del docente che l’ha predisposta. Di contro, un docente altrettanto preparato, ma carismatico, empatico, con i tempi giusti, anche con la battuta pronta (perché no), quasi sempre avrà un appeal ben diverso agli occhi e alle orecchie degli studenti, che apprenderanno con più efficacia i contenuti proposti, anche limitandosi all’uso del gesso o stando dietro una cattedra, esponendo la lezione senza nessun ausilio tecnologico, di tanto in tanto girovagando per la classe e non rimanendo saldamente ancorato dietro quel porto sicuro che risponde al nome di cattedra. Quindi l’efficacia dell’insegnante o dell’insegnamento non sta, a parere di chi scrive, nella tipologia di lezione, frontale o meno.

E qui ritorna il nostro amato John Keating. Dando per scontata la preparazione e lo studio pregresso, il successo (o l’insuccesso) di un insegnante o di un metodo di insegnamento non risiede tanto nella tipologia dello stesso, ma dal modo in cui i contenuti vengono esposti e, di conseguenza, captati dai riceventi, gli studenti. Piuttosto che dare tutto questo spazio alla tecnologia demonizzando la lezione frontale, occorrerebbe formare seriamente gli insegnanti, non con dei corsi vacui che si limitano alla teoria, ma con ore e ore di lezione in classe per carpire davvero le loro capacità oratorie e la loro predisposizione (non affatto scontata) all’insegnamento.

Il mestiere dell’insegnante è talmente delicato e centrale per l’educazione degli adulti del futuro che non può essere svolto da tutti. Spesso si usa il termine missione non a caso. Lasciamo perdere il concetto di lezione frontale, svolta in maniera classica, piuttosto diamo maggior spazio alla creatività, alla capacità di trasmettere e appassionare (qui servirebbe un articolo a parte) e vedrete come anche i ragazzi riacquisteranno gradualmente la loro unicità e saranno meno apatici. Sono un sognatore? Forse…

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