La piscina
La mia piscina è a capienza massima. Io a bordo vasca su una sedia e il mio amico Larry. La mia compagna, Phu Eng, sorseggia un cocktail analcolico con l'acqua alla vita. Larry conta invece una moglie e tre figli in acqua, il più piccolo ben imbracato in una ciambella e con i braccioli, perché non si sa mai. Io e Larry ci conosciamo dalle elementari, ma è stato alle superiori che ci siamo ritrovati, anche se eravamo in classi diverse. Forse questo ci ha unito anche di più. Poi io andai all’università, a Baden, e da lì a Singapore per seguire la mia azienda; lui invece è rimasto qui, in paese. Ha ereditato il ristorante di suo padre e si è sposato molto presto. Ora ha messo su una bella pancetta da capofamiglia.
È il momento della semi incoscienza da digestione e sento le palpebre decisamente pericolanti. Eppure, non riesco a staccare lo sguardo dal piccolino dentro la ciambella. Ha l’espressione di un marinaio al primo mare grosso, o forse è solo un bambino molto piccolo, ma a me sembra una grossa boa in difficoltà. Con questo pensiero in testa è difficile tenere il filo del discorso; Larry mi sta giusto dicendo che l’antifurto è una spesa inutile. Io però sono di altro avviso.
“Larry” dico con lentezza preoccupante -e dire che avevo promesso a Phu di non bere tanto- “caro Larry, amico mio.” Pausa lunga. “Tu conosci il paese, praticamente sai tutto di tutti, ma sai che c’è? I ladri stranieri. Di quelli ho paura. Sai quanto è costata questa casa?” Ritrovarsi è stato meraviglioso. Sei anni a Singapore, un periodo intenso, soddisfacente, una compagna del posto. E un giorno, proprio Phu mi ha chiesto di portarla a vedere i miei luoghi, in Germania.
Così ho pensato di chiamare il mio vecchio amico. Ci siamo rimessi in contatto. Larry abitava già qui vicino e mi disse che c’era una casetta proprio accanto a casa sua. Aspettai che il proprietario vendesse, buttai tutto giù, mi costruii una villa, come la volevo io, con piscina. Passarono così altri due anni, ma adesso ce l'abbiamo fatta, viviamo uno accanto all'altro. Quando arriva il caldo, riempio la piscina e lo vado a chiamare.
Ora la figlia grande di Larry sta parlando con Phu. Studia cinese al liceo e Phu conosce la lingua (ormai tutti a Singapore conoscono il cinese). Intanto Larry continua a dirmi che qui nessuno crea problemi. Annuisco senza convinzione. Il mio sguardo è ancora posato sul bimbo-boa. Secondo me sta male. Tra due secondi mi vomita in acqua. “Larry, ma tuo figlio sta male? Guardalo un po’”. Larry si volta, in un secondo si lancia in acqua e lo porta fuori ancora bardato di braccioli. E tutto questo senza togliersi la maglietta, che ora sgocciola abbondantemente. Rimango di stucco. Gli ho fatto fare un bagno istantaneo. Un po’ mi spiace, ma -accidenti- il bambino è il suo. “Falso allarme. Bella paura mi ha fatto prendere, Toni. Non puoi capire, ma ogni cosa fuori posto, a quell’età, mi mette il terrore”. “Aveva una faccia strana” mi giustifico. “Ma no, che faccia vuoi che abbia? Ha pochi mesi.” “I bambini vanno sempre tenuti d’occhio, vero? Comunque, Larry, padre esemplare! Sembravi Baywatch, ti ricordi?” Larry si schernisce, si passa la mano sul ventre rotondo. “Comunque, di certo avrebbe galleggiato benissimo” mi scappa. “Perché, scusa?” “Ma dai! Ora, lo so, sarà normale a quell’età, tutto quello che vuoi. Ma sembrava proprio una boa, ti dico!”
Quel giorno non ci feci attenzione, ma credo che da quelle parole infelici sia nata la sua abitudine di fare la pipì nella mia piscina appena entrato. È stata Phu ad accorgersene. La fa subito, appena entrato in acqua; infatti, cerca sempre di entrare per primo. Non ci potevo credere, ma poi prestando attenzione mi sono dovuto rendere conto che è vero. Il mio amico Larry la fa nella mia piscina e lo fa apposta. Abbiamo deciso di fare finta di niente, gli abbiamo lasciato fare il furbo. Ma oggi lo svergogno davanti a tutta la famiglia.
Ho trovato un reagente dai cinesi, diventa rosso al contatto con l’urina. Ne ho messo un bel po’ nell’acqua. Aspettate e vedrete. “Larry, mio Dio, stai sanguinando!” “Cosa?” “Guarda!” La scia rossastra partiva proprio dalle mutande. Esagitazione, panico, tutti fuori dall’acqua. Porto fuori il mio amico con il braccio sulle sue spalle, come fosse zoppo. Lo appoggio su una sdraio, la moglie si dà da fare per trovare la ferita, ma il sangue non si vede. “Niente di che, si sarà già rimarginata” dice lui per salvare la faccia. Ma lei, inesorabile: “In pochi minuti? Impossibile!” (Poverina, deve voler bene a suo marito) “Togliti il costume e controlliamo”. E si mette all'opera. Dentro di me rido come un pazzo. “Ragazzi, ci sono i bambini, vi prego! Il bagno è la porta a destra della veranda.” I due si allontanano imbarazzati. I loro tre figli sono sconvolti. La boa umana ha imparato a parlare e strilla “Mammaaaaaa!!” Con mia moglie ne abbiamo riso per giorni. Poi sono andato a parlare con Larry.
“Oh, Larry, come stai?” Dico ridendo. Larry è serio serio. “Non c’è niente da ridere, Toni. Hai fatto preoccupare tutti.” “Dovevi pensarci prima di fare pipì nella mia piscina, amico.” “E tu? Che chiami mio figlio una boa? Come ti permetti?” “Era una battuta! Ora te la prendi così tanto per una battuta? Che non era neanche su di te, tra l’altro. Lo sai che scherzo, ci conosciamo da una vita”. “Sì, infatti mi ricordo, caro Toni. Avevi la battuta facile pure a scuola, pure quando ci vedevamo fuori, di pomeriggio. Sempre brillante. E ora ti sei fatto la piscina e pensi di pisciare in testa a tutti. E io ci piscio dentro.” “Ma cosa me ne frega della piscina? È questo il problema, allora?” “Senti qua, Toni, ti ho segnalato agli accertamenti igienico-sanitari. È bastato fingere un’irritazione. I testimoni li ho. Mi hanno garantito che te la sequestrano, la tua piscina di merda. Ciao, Toni”. “Stavo solo scherzando, Larry!” “Io no. Mi ha fatto perdere la faccia davanti a mia moglie, hai fatto preoccupare i miei figli. Pensaci.”
Il bastardo! Come ha potuto farmi questo? Mi sono anche preso una denuncia. In paese non mi guarda più nessuno, mi hanno preso per un avvelenatore seriale. Così siamo andati al suo ristorante e sotto gli occhi di tutti ci siamo presi (per finta) una buona intossicazione. Due giorni dopo qualcuno aveva spaccato le telecamere di sorveglianza di casa mia, permettendo a una banda di ladri di entrare indisturbata mentre eravamo in visita dai miei parenti. Fortuna che erano degli sprovveduti e non hanno trovato la cassaforte. O forse non era neanche quello l’obiettivo. Una telecamera interna ha ripreso quattro individui di mezza età, che entrano spaccando una finestra. Cominciano a rovesciare tutto, più per voglia di distruggere che per trovare qualcosa. Dopo un po’ di macello, ormai stanchi, qualcuno di loro si toglie il passamontagna. Sì, era Larry; e gli altri, secondo me, suoi parenti. Ha un attimo di esitazione, gli altri afferrano qualcosa in tutta fretta, spariscono fuori. Lui rimane un secondo in più, poi si copre ed esce.
Certo che poi il ristorante gli ha preso fuoco. Non volevo arrivare a tanto, ma dovevo in qualche modo rispondere. Questa è guerra aperta. Sapete che paura ci siamo presi trovando la casa distrutta? Una casa appena finita? E la piscina con i sigilli, naturalmente. Se avessi potuto lanciare fulmini sulla sua casa, a distanza di venti metri, lo avrei fatto. Mi sono accontentato del ristorante. Lui però ha lasciato casa in tutta fretta e sono andati a stare chissà dove. Ho resistito, ho risposto, ho vinto. Ho rivisto il mio amico solo qualche giorno fa, per strada. Poco ci mancava che mi saltasse addosso.
“Tuu!! Continuava a gridare. “Che ti arrabbi a fare? Hai anche preso i soldi dell’assicurazione!” “Non ero assicurato, maledetto! Ho dovuto vendere tutto, stiamo da mia madre! Con tre figli! Mi hai rovinato la vita! Io ti ammazzo!” Per fortuna ero a due passi dall'auto. Che ne sapevo io che il locale non fosse assicurato? Colpa sua, incidenti così possono capitare anche senza farlo apposta. Fai tre figli e a queste cose non pensi? A me i danni alla casa li ha ripagati l’assicurazione senza battere ciglio. E poi pensavo: con l’acqua della mia piscina il fuoco si sarebbe spento. Considerazione molto appropriata, mentre mi lascio Larry urlante alle spalle. Penso anche a lui e in un attimo mi scorre davanti la nostra amicizia. Sì, lo prendevo in giro, ma gli ho sempre voluto bene. Forse, se non avessi fatto fare quella maledetta piscina, ora saremmo ancora amici. Dovevo evitare di invitarlo. Ora lo so.
Lo squillo del telefono mi riporta alla realtà. “Pronto? Phu, tesoro, torno adesso dall’agenzia. Hanno trovato un acquirente, sbrigheranno tutto loro. Sì, appena arrivo salta su. Torniamo a Singapore.”