Forse c’erano altre soluzioni
“Proprio come sceglierò la mia nave quando mi accingerò ad un viaggio, o la mia casa quando intenderò prendere una residenza, così sceglierò la mia morte quando mi accingerò ad abbandonare la vita”
Lucio Anneo Seneca
“Con tutte le medicine che prendo, mi sento come un fantasma che non sente più niente. Forse c’erano altre soluzioni oltre alle medicine”
Shanti De Corte
ZAVENTEM (BELGIO): 22/03/2016 ore 07:58
Chissà se Shanti, per l’eccitazione, avrà faticato a prender sonno nella notte tra il 21 e il 22 marzo del 2016. La sua sveglia, ci immaginiamo, avrà suonato all’alba: c’erano da percorrere i 40 e rotti km che separano la sua Anversa dall’aeroporto di Zaventem, nord-est di Bruxelles, per partire, assieme ai suoi compagni di classe, per la gita di fine liceo. Destinazione: Roma.
Quei giovani studenti non sapevano che quella mattina, affianco a loro in fila per il check-in prima dell’imbarco, vi fossero anche Ibrahim el-Bakraoui e Najim Laachraoui, i due attentatori suicidi che, facendosi esplodere in aria in nome e per conto dello Stato Islamico, avrebbero causato il più grave attentato del dopo-guerra belga: 32 morti e 340 feriti.
Shanti si ritrovò miracolosamente illesa ma attorniata dalla morte e dalla distruzione. Morte che non aveva risparmiato alcuni suoi compagni di classe.
Lo scorso ottobre, dopo sei anni e mezzo da quei tragici eventi, anche Shanti De Corte è morta. Volontariamente, con a fianco i suoi genitori, tramite suicidio assistito, concessole dalla magistratura belga. Aveva 23 anni. Non riusciva più a sopportare la depressione e l’angoscia collegate all’attentato.
Il fatto, in Italia, mi pare sia passato piuttosto sotto silenzio, tutti presi com’eravamo, in quei giorni, a seguire l’emozionante toto-nomi per la formazione del nuovo ‘governo Meloni’. A mente fredda, debbo dire che quanto avvenuto a Shanti si candida ad essere inserito nella Top 10 delle notizie del 2022, in quanto davvero sensazionale. Nel senso che fa proprio ‘sensazione’.
‘FINE-VITA’: UN TEMA SPINOSO. DA SEMPRE
Il dibattito sul fine-vita e il suicidio assistito, in Italia sempre ‘azzoppato’ dall’atavica tara della presenza del Vaticano, è stato spesso associato nel nostro Paese a situazioni collegate a malattie incurabili, coma e/o a condizioni motorie insanabili. Era stato riportato alla ribalta pubblica, cinque anni fa, dal caso del povero DJ Fabo e del radicale Marco Cappato, che lo aveva aiutato a compiere il viaggio finale in Svizzera.
Il progredito Belgio, e il caso di Shanti, spostano il tutto su un piano ulteriore: quello della depressione, della malattia dell’animo, dell’angoscia del vivere. Il tema è davvero complesso e lungi da noi il voler commentare i sentimenti di tutte le Shanti di questo mondo, così come giudicare eticamente il suo reciso convincimento nel togliersi la vita.
Come possiamo leggere dalle parole in esergo del più famoso suicida della storia (Seneca il Giovane), il tema è oggetto di speculazione, filosofica e poi legislativa, da sempre. E il caso in oggetto ha portato diversi e autorevoli rappresentanti del cosiddetto pensiero critico a commentare (se non “a cavalcare”) questa notizia per trovare una conferma di certa progettualità di stampo transumanista, o quanto meno neomalthusiana. In sintesi: il suicidio assistito di Shanti sarebbe un’ulteriore prova dell’eugenetica di fatto voluta e guidata dai poteri dominanti transnazionali e/o un perseguimento della teoria della ‘lotta per la sopravvivenza’ teorizzata dal padrino della sociologia inglese, T. R. Malthus, appunto. Un pensiero, quello di Malthus, tornato alla ribalta oggigiorno come filosofia cardine delle élite mondiali. Il tutto ammantato da un peloso atteggiamento politically correct. Della serie: sei depresso? Tranquillo, ti aiutiamo noi ad eliminarti, rispettando la tua libertà di autodeterminazione. Ma sotto sotto pensando: poco male, un depresso non è funzionale, produttivamente, al Sistema. Secondo questo ragionamento, mutatis mutandis, l’eutanasia per limiti d’età potrebbe venir affiancata, nel prossimo futuro, da quella per depressione per tutti coloro che non sono e saranno in grado di reggere la sofferenza psico-fisica determinata, soprattutto, dallo sfruttamento del sistema turbo capitalistico globalizzato.
Senza voler avvalorare certi tuffi carpiati del pensiero, la cui arditezza lasciamo volentieri a chi ha il coraggio di compierli, non facciamo però assolutamente dell’ironia sul tema: le teorie sulla selezione per il miglioramento della specie umana vanno avanti da 130 anni circa e ai nostri giorni è ampiamente messa in pratica in alcuni ambiti, ideologicamente in stretto rapporto con una certa interpretazione del darwinismo sociale, a sua volta collegato al pensiero di Malthus e del suo degno successore, Herbert Spencer. Temi enormi che non sono, però, il fulcro del nostro scritto.
MENS…INFIRMA IN CORPORE SANO
Tornando perciò al caso di Shanti, quello su cui vorremmo soffermarci a riflettere è il fatto che la CFCEE belga (la Commissione Federale di Valutazione e di Controllo dell’Eutanasia) non abbia trovato nulla di concreto per non approvare la richiesta di sopprimere il corpo della ragazza, perfettamente sano e integro, senza segni di malattie fisiologiche (“sofferenza psicologica insopportabile”, la motivazione dell’accoglimento della richiesta). Si è preferito quindi, anziché risolverla, accompagnare la sofferenza di Shanti che, imbottita di antidepressivi, facendo avanti e indietro dagli ospedali psichiatrici, e dopo un tentato suicidio nel 2020, ha trovato alla fine sponda in una legislazione nazionale che assomiglia sempre più a un piano che si inclina progressivamente (l’ultimo rapporto pubblicato dalla CFCEE sul tema, a 20 anni dall’introduzione dell’eutanasia in Belgio, parla di un numero di casi salito da 259 nel 2003 ai 2790 del 2021, il 2,4% dei decessi totali). Una situazione che ha portato la Comunità Europea a richiedere il cambiamento della sua normativa e le modalità di composizione della Commissione stessa, sospettata di conflitto di interessi.
Ho riso e pianto fino all’ultimo giorno. Ora me ne vado in pace. Sappiate che già mi mancate. Questo il suo ultimo messaggio su Facebook.
La sua storia, ma soprattutto il suo sorriso, ci interrogano direttamente su dove stiamo andando come società, come uomini e come genitori.
Si, avevi ragione Shanti: molto probabilmente c’erano altre soluzioni oltre alle medicine…